giovedì 19 luglio 2012

La bocca rideva, il cuore piangeva


Pochi giorni fa ricordavamo i 33 anni dall'assassinio di Giorgio Ambrosoli, oggi i 20 anni dalla barbara uccisione del giudice Paolo Borsellino con gli uomini e le donne della sua scorta. La memoria migliore di questo Paese sembra essere un martirologio.

Mi piace ricordare la loro storia, la loro vita, attraverso le parole degli affetti familiari, che non tolgono nulla alla dimensione pubblica di questi personaggi, ma l'inseriscono in una umanità più piena, che in alcuni tratti sembra assumere i connotati - a volte impliciti, a volte espliciti - della santità.

Ecco dunque le parole che la moglie di Paolo Borsellino, Agnese, scrive al marito 20 anni dopo la strage di Via D'Amelio. Le richiamava oggi sul suo blog anche Luigi Accattoli.

Caro Paolo, da venti lunghi anni hai lasciato questa terra per raggiungere il Regno dei Cieli, un periodo in cui ho versato lacrime amare; mentre la bocca sorrideva il cuore piangeva, senza capire, stupita, smarrita, cercando di sapere. 


Mi conforta oggi possedere tre preziosi gioielli: Lucia, Manfredi, Fiammetta; simboli di saggezza, purezza, amore, posseggono quell' amore che tu hai saputo spargere attorno a te, caro Paolo, diventando immortale. Hai lasciato una bella eredità, oggi raccolta dai ragazzi di tutta Italia; ho idealmente adottato tanti altri figli, uniti nel tuo ricordo dal nord al sud - non siamo soli. 


Desidero ricordare: sei stato un padre e un marito meraviglioso, sei stato un fedele, sì un fedelissimo servitore dello Stato, un modello esemplare di cittadino italiano, resti per noi un grande uomo perché dinnanzi alla morte annunciata hai donato senza proteggerti ed essere protetto il bene più grande, «la vita», sicuro di redimere con la tua morte chi aveva perduto la dignità di uomo e di scuotere le coscienze. 


Quanta gente hai convertito!!! Non dimentico: hai chiesto la comunione presso il palazzo di giustizia la vigilia del lungo viaggio verso l' eternità, viaggio intrapreso con celestiale serenità, portando con te gli occhi intrisi di limpidezza, uno sguardo col sorriso da fanciullo, che noi non dimenticheremo mai. 


In questo ventesimo anniversario ti prego di proteggere ed aiutare tutti i giovani sui quali hai sempre riversato tutte le tue speranze e meritevoli di trovare una degna collocazione nel mondo del lavoro, dicevi: «Siete il nostro futuro, dovete utilizzare i talenti che possedete, non arrendetevi di fronte alle difficoltà». Sento ancora la tua voce con queste espressioni che trasmettono coraggio, gioia di vivere, ottimismo. Hai posseduto la volontà di dare sempre il meglio di te stesso. Con questi ricordi tutti ti diciamo «grazie Paolo».



(FRODE 2010 – “Falcone e Borsellino” – Spray su muro per documentario MTV news “Fuorilegge : la storia di Frode ”)

mercoledì 18 luglio 2012

Consigli per la fine dei tempi


Questa mattina ho letto su facebook questo 'stato' di Marco Guzzi che ho trovato talmente utile e necessario da farlo uscire dal confine del social network e pubblicarlo anche qui.

Consigli per sopravvivere nei tempi finali: non ascoltare per più di un'ora al giorno l'ossessiva informazione economica che occupa TG, quotidiani, radio, e internet. 


Riflettere bene: la mia vita non dipende dallo Spread, né da Monti, né da Draghi, né dal Fondo Monetario, o da altri organismi di oscura ispirazione. 


Osservare frequentemente fiori, api, laghi, abeti, o altre cose viventi, per esorcizzare il dominio dei morti viventi che stanno riducendo l'uomo ad un ectoplasma dissanguato. Meditare e pregare almeno una o due ore al giorno, per ricordare che l'intero livello economico è comuqnue una dimensione secondaria dell'esistenza, in quanto nessuno di noi "per quanto si dia da fare può aggiungere un'ora sola alla sua vita" (Matteo 6,27). 


La libertà dei veri credenti è sempre stata la vera spina nel fianco dei potenti del mondo, perché ne ridicolizza le assurde pretese, mostrando il lato comico della loro funebre seriosità.



(Foto da flickr/creativecommons/marco bellucci)

mercoledì 11 luglio 2012

Anna Carissima



33 anni fa, l'11 luglio del 1979, veniva barbaramente ucciso Giorgio Ambrosoli, commissario liquidatore della Banca Privata Italiana.

Pochi anni prima, nel 1975, accettato da pochi mesi l'incarico che lo avrebbe portato alla morte, già consapevole dei rischi cui sarebbe andato incontro, scrive questa bellissima lettera testamento alla moglie Anna, che andrebbe appesa nei corridoi delle scuole italiane, e negli uffici della pubblica amministrazione. 

Una lettera che parla del senso del dovere, del senso di giustizia, del senso 'trascendente' della famiglia (meglio di molti discorsi sulla famiglia che siamo abituati a sentire), dell'educazione dei figli, dell'amore tra un marito e una moglie.

Anna carissima, 


è il 25.2.1975 e sono pronto per il deposito dello stato passivo della B.P.I. atto che ovviamente non soddisfarà molti e che è costato una bella fatica. Non ho timori per me perché non vedo possibili altro che pressioni per farmi sostituire, ma è certo che faccende alla Verzotto e il fatto stesso di dover trattare con gente di ogni colore e risma non tranquillizza affatto. È indubbio che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l'incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un'occasione unica di fare qualcosa per il paese. 


Ricordi i giorni dell'Umi, le speranze mai realizzate di far politica per il paese e non per i partiti: ebbene, a quarant'anni, di colpo, ho fatto politica e in nome dello Stato e non per un partito. Con l'incarico, ho avuto in mano un potere enorme e discrezionale al massimo ed ho sempre operato – ne ho la piena coscienza – solo nell'interesse del paese, creandomi ovviamente solo nemici perché tutti quelli che hanno per mio merito avuto quanto loro spettava non sono certo riconoscenti perché credono di aver avuto solo quello che a loro spettava: ed hanno ragione, anche se, non fossi stato io, avrebbero recuperato i loro averi parecchi mesi dopo. 


I nemici comunque non aiutano, e cercheranno in ogni modo di farmi scivolare su qualche fesseria, e purtroppo, quando devi firmare centinaia di lettere al giorno, puoi anche firmare fesserie. Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto [...]. Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il Paese, si chiami Italia o si chiami Europa


Riuscirai benissimo, ne sono certo, perché sei molto brava e perché i ragazzi sono uno meglio dell'altro. Francesca dovrà essere più forte, più dura, più pronta ma è una dolcissima bambina e crescerà benone. Filippo – che mi è carissimo perché forse è quello con il carattere più difficile e simile al mio -, dovrà essere più morbido, meno freddo ma sono certo che diventerà un ottimo ragazzo e andrà benone nella scuola e nella vita. Umberto non darà problemi: ha un carattere tale ed è così sveglio che non potrà che crescere bene. Sarà per te una vita dura ma sei una ragazza talmente brava che te la caverai sempre e farai come sempre il tuo dovere costi quello che costi [...]. 


Giorgio 

Molti fortunatamente in queste stanno ricordando la figura di Giorgio Ambrosoli, almeno sul web. Per ricostruire la sua vicenda, segnalo questa puntata de "La Storia siamo noi" di Minoli, e questa intervista televisiva di Mario Calabresi al figlio Umberto, nel programma "Hotel Patria" (la si trova qui, a partire da 1:24.00).

Dal film "Un eroe borghese"

Come se fosse un seme


Oggi è la festa liturgica di San Benedetto, abate e patrono d'Europa.

Dal web recupero questa citazione dalla sua Regola, che non conoscevo, e che sviluppa il tema celebre dell'Ora et Labora con queste immagini molto belle.

«Traccia ogni solco come se fosse una preghiera, canta ogni versetto come se fosse un seme, e scava, scava nel profondo di ogni cosa fino a Dio».

A proposito di radici cristiane e dei tesori che nascondiamo sotto terra e dimentichiamo di avere.


(Foto Ipsia, mostra 'Un mondo messo a fuoco")

lunedì 2 luglio 2012

Di chi non offre che parole


Stanco di chi non offre che parole, parole senza lingua / Sono andato sull'isola coperta di neve. / Non ha parole il deserto. / Le pagine bianche dilagano ovunque! / Scopro orme di capriolo sulla neve. / Lingua senza parole

Questi versi sono del poeta svedese Tomas Tranströmer, premio Nobel per la letteratura nel 2011. Citati da Antonio Spadaro nel suo intervento di presentazione della Lettera del cardinale Betori alla diocesi di Firenze, intitolata "Nel silenzio, la Parola".

Sembra una poesia sul silenzio, scrive Spadaro, ma non lo è affatto. E' al contrario un elogio della parola, della parola viva, delle parole con lingua. Tranströmer scrive poesie dal silenzio e non del silenzio ("Poesia dal silenzio" è il titolo della sua prima antologia tradotta in Italia).

Silenzio e parola non si oppongono, infatti, ma fanno parte di un unico cammino. Il silenzio è parte integrante della comunicazione, parte della capacità dell'uomo di parlare, e non il suo opposto. Lo sa bene la poesia, che di questo cammino, di questo sentiero cerca le tracce, cerca le orme. E' anzi forse questa la sua vocazione specifica.


(Foto da Flickr, creative commons, Billy Lindblom)